sabato 3 marzo 2012

Divagazioni tra i legni

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Quanti di noi conoscono effettivamente le caratteristiche dei legni con cui sono costruite le nostre batterie? o quanti sanno scegliere il proprio strumento in base a ciò che il proprio orecchio vuol sentire e, quindi, ciascun legno può dare?

E come funziona l'accoppiata legno-cerchio? o legno-bearing edge o ancora, legno-spessore??

Facciamo una velocissima carrellata sui legni più comuni e sulle loro caratteristiche timbriche.

Partiamo dai legni; i più diffusi oramai sono noti a tutti, e sono i soliti Acero, Betulla, e Mogano; a seguire Bubinga, Pioppo, Quercia per poi andare su essenze "particolari" come Wengè, Padouk, o i "nostrani" Noce, Ulivo, Ciliegio.

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A vederla così sembrerebbe quasi che con ogni legno sia possibile costruire un tamburo, e in fondo non è del tutto sbagliato; la differenza in genere sta nella qualità del legno (scelta e stagionatura, essiccazione e provenienza) e nelle sue caratteristiche di "durezza".

La durezza infatti è un aspetto determinante per il legno; spesso incide nei costi di lavorazione (e quindi di vendita) facendo apparire magari "pregiati" dei legni che sono semplicemente "nervosi" (magari con sonorità eccellenti, certo), e quindi "costosi" solo perchè di difficile lavorazione e con grande quantità di scarto. Un esempio è il nostro Ulivo, che per essere lavorato comporta a priori una discreta quantità di legno da scartare per via della durezza e dell'elevata quantità di "nodi" al suo interno; suona benissimo, è un legno duro e resistente, ma non pregiato. Un legno comunissimo, in Italia ne sappiamo qualcosa: basta girare un pò tra le nostre colline e vedere quanti alberi di ulivo ci sono intorno a noi...

Ma allora perchè i legni "duri" sono così utilizzati?
La risposta è abbastanza scontata: i legni duri hanno frequenze tendenzialmente scure, molti bassi e pochi armonici, e sono le tipiche frequenze che piacciono ai batteristi.

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Alcuni esempi: Mogano Filippino (economico): basse frequenze, pochissimo sunstain; Padouk: basse frequenze, moltissimo attacco; Bubinga: Basse frequenze, discreto attacco; Kaya (Mogano Africano): Bassissime frequenze, scarso attacco.

Fermandoci qui, senza andare troppo oltre, abbiamo già una discreta chiave di lettura, che ci aiuta ad esempio a capire perchè, su alcuni modelli, spesso le essenze "scure" vengono accoppiate ad altri legni "chiari" come betulla o acero, che completano la carenza di toni chiari e attacco al range di frequenze che un tamburo in essenza "dura" riesce a dare.

Mentre ad esempio altri legni "viaggiano" da soli, come l'acero (così tanto utilizzato) che è un legno di media durezza, ha caratteristiche timbriche che sostanzialmente accontentano un pò tutti, con presenza di toni bassi e medi, qualche accenno di toni alti, buona lavorazione in fase di realizzazione di un tamburo (e quindi poco scarto) e numerose varietà (quindi buona reperibilità) a seconda della zona di provenienza;
o la betulla, famosa negli anni '80 e '90 grazie all'avvento della Yamaha 9000, che per le sue caratteristiche di suono "equalizzato" naturale, fece la gioia di tecnici e studi di registrazione che eliminarono code e armonici indesiderati conservando chiarezza tonale e corposità (la betulla ha bassi leggermente meno pronunciati degli altri legni ma comunque ben presenti, discreta presenza di medi e notevole quantità di alti; da qui il suono cristallino e pieno di attacco, aggressivo quasi. Allo stesso tempo non ha molta coda, è un suono fermo di suo, generalmente pulito e talvolta "metallico" e si registra con estrema facilità).

Se a questo ragionamento uniamo anche una discreta conoscenza del rapporto spessore/cerchi/suono, possiamo iniziare ad avvicinarci mentalmente al nostro "tamburo" ideale.

ciao alla prossima!


Fabrizio Granata

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